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lunedì 4 luglio 2011

new jokes

| La storia della zuffa per il canone di Urbino

| liberamente inventato di Tania L. dalla Porta



Paolo Uccello [1397] e Piero della Francesca [1415], nel ’64 all’incirca, vennero invitati a partecipare al bando triennale (che poi divenne quadriennale per le conclusioni - come se fosse un post post dottorato di ricerca) per le Feste Urbinate in onore del Duca di Montefeltro – furono indetti seminari di disegno, mappe, città, paesaggio e confronti sulle antiche vie di pellegrinaggio, disegni di prospettiva e matematica, statica e possibilismo, geometria e armonia comparata, sancta sanctorum. Negli ultimi giorni, i due, dopo essersi frequentati un po’ per fama reciproca, cominciarono a frequentare l’osteria dell’Arca e a fare tardi, anzi un po’ tardi… tanto che prima delle conclusioni...
   L'osteria era piena, c'era gente che già faceva scommesse sui due che in realtà ormai erano pure confidenti e amici, scambiandosi qualche regola produttiva, qualche idea sugli schemi, come dire, se dare l'ultimo colpo di cera o invece fare come Masaccio, passargli l'olio. Così arrivavano boccali di vino e birra mescolata con la limonata, nel caso, si apprestassero a rimettere... la cameriera spingeva qualche brioche e il cameriere i boccali, così della borsa di studio dei due, si sa, restava ben poca cosa. Piero aveva preso una specie di rimessa e a Paolo piaceva perché gli ricordava la sua Venessia in mezzo ai restauratori di barche, così gli tornava a fare qualche battuta portolana che Piero gradiva ridendo, cum grano risi, e non si gettava via in una rincorsa insana... ma quella sera Piero aveva preso d'occhio la caraffa più del solito e diceva, "ormai la s'è finita! me dispiass", ripetendo la cantilena e Paolo lo guardava di sotto il cappello, semi scuro in volto... ad un certo punto gli fa "te non entri nel canone, caro, dicono che badi più al piacer tuo che al disegno, da queste parti" ovviamente lo sguardo di Paolo scoppio in scintille - lo scrutò a fondo - quasi gli tolse il parrucchetto - lo sguardo gli limò le orecchie e così gli rispose, badando di non nominare capre e pecore: "te invece che hai l'ova rinsecchite, magari sei pure infiltrato in qualche banda..." ma non finì di dire che si ritrovò con quattro delle grosse dita di Piero ben stampate in faccia sul punto in cui le noche saggiano quello che manca dello zigomo... Paolo disse qualcosa, anzi rapidamente si difese menandolo a sua volta, ed erano almeno tre. Così Piero rimase steso sotto la panca. Paolo si aggiustò rapidamente, conservando l'idea di spiegargli il suo, ma lo vide ridotto e un mugolio d'alchool confermò l'idea che lo sconcio era già bel che fatto... di vino e di tutto il resto. Così se lo prese in soccorso, prima pensando alla figura, poi all'armeria e si arrotolò il braccio tosto attorno al collo come una sciarpa e lo sollevò da terra dicendo a tutti, guai e scommesse illecite, 'zing' facendo il segno del filar loro il collo...
   Arrivato dentro la rimessa, scostò due o tre cose dal tavolo ma c'erano i due ritratti dei duchi, allora lo issò sulla sedia, ma ciondolava, così s'accorse del lettaccio e lì lo mise - Piero si girò e brontolò 'mi scuso' e si girò sul fianco buono, addormentato. Gli tolse gli stivali e poi la camicia sporca di vino, birra e sangue e lo pulì un po', quel tanto da buttar tutto per terra e metterlo sotto il telaccio con cui copriva la pala, poi prese il panno e glielo mise sopra... Guardandolo e ridendo per la faccia da cucciolo rappreso in un grumo sonnolento...non s'era visto mai...restituite un paio di considerazioni sulla comunione, pane al pane vino al vino e disse, 'ti si che te sei en toc de pam! ma leso' e si diresse verso il portone quando gli sfuggi un'occhiata ai ritratti, la luce era fioca, solo quella della luna entrava diretta sul tavolone di legno pieno di stracci, pennelli e cartoni su cui stavano in bella posa i due ritratti dei duchi... non poté farne a meno, e con la testa che gli rintronava ancora si ricordò la voce di Piero 'io testuggine - e te 'lora carretto - te sei l carret de to nona - ma va là' e così pensò che era un'idea, li rivoltò e cominciò a disegnare i duchi sui carretti da campagna e quando ormai erano le sei, aveva finito: la luce inondò lentamente la stanza da sopra il tetto dove c'erano due abbuini, voltò i quadri e disse tra sé bisbigliando 'e adess? s'è che te ghe vedi? guarda che geometrie sti nasi el ment del duca 'l va in rima con la duchessa...' e quel biancore cominciava ad abbagliare, uno sfondo senza tocco, pensò, era inusuale e così ripensandoci disse di nuovo tra sé, 'ghel fo veder mi, parola de portolano...' e gli dipinse una vista a volo d'uccello, con infinite sfumature degradanti all'orizzonte, porti e barche pronte a uscire dai porti, geometrie per una teca tascabile, pronta per l'uso, da viaggiatori. Voleva la risposta a piacer suo? eccolo servito... si pulì le mani con gli stracci, lo guardò... ti chiedo scusa va là Pierottolo che non sei altro... 'te te le sei buscate di brutto sta volta'.
   Conclusioni
Montefeltro chiama a sè gli artisti e chiede: "avete pronta la parata? suvvia raccontatemi, mostratemi, sono ansioso e non sto nella pelle..."
Passarono gli anni, anzi i secoli e un giorno nell'Isola di san Giorgio a Venezia, una signorina, bé veramente non si può dire che fosse giovanissima, guardando alcuni libri in biblioteca, trovò qualche annotazione, una di economia 'soldi per pulire la rimessa' e un'altra 'ripagare Paolo Uccello dell'offesa e dei fondi': la prima era stata cancellata con una X e su scritto c'era 'fatto' con convinzione e bella calligrafia, sulla seconda un cerchio, un ovetto quasi e uno strano colore che pareva, uno sputacchio veramente...

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